Ne abbiamo parlato con Domenico Sartore, Agente Generale Indipendente Zurich a Lugano e Presidente FSAGA Ticino, da oltre 30 anni attivo in questo settore, ci spiega il suo punto di vista riguardo a questa e ad altre domande.

Signor Sartore, da svariati anni lei opera nel settore assicurativo. Ritiene che il business tradizionale in questo ambito presenti ancora dei margini di crescita?
Il mercato non potrà crescere all’infinito e proprio per questo è essenziale saper gestire le risorse a nostra disposizione; in Ticino il frontalierato ha assunto dimensioni piuttosto ampie e la popolazione ticinese è tendenzialmente in calo. Questo comporta, per esempio, una diminuzione delle immatricolazioni di nuovi veicoli a motore ed una conseguente diminuzione di business.

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Nel complesso si può tuttavia parlare di una decrescita gestibile, perché nel contempo esistono interessanti margini di crescita per quel che riguarda la vendita dei prodotti di previdenza individuale, vita e finanziari. Le potenzialità in questo comparto sono enormi. Le grandi aziende inoltre avranno maggiore necessità di consulenza in materia di previdenza professionale; in buona sostanza si tratta di saper riorientare le proprie attività in funzione di questi cambiamenti. 

Converrebbe quindi puntare su business alternativi, in grado di dare una risposta più articolata alle nuove esigenze del panorama economico e sociale? 
Senza dubbio: tutte le compagnie d’assicurazioni stanno valutando la possibilità di offrire una consulenza che non sia più solo assicurativa, ipotecaria, in materia di investimenti, previdenziale o fiscale, ma che punti anche su altri aspetti, come ambiente, salute, mobilità; una consulenza di più ampio respiro, in grado di sopperire alla saturazione del settore tradizionale. Svolgiamo un’attività che amiamo definire come la «professione dei cento mestieri» e quanto ci verrà richiesto in futuro in termini di competenze ed esperienze si amplierà ulteriormente. 

« È qui che entra in gioco l’aspetto della multicanalità e dei diversi strumenti per interagire con i clienti. »

Come potrebbero evolversi le figure degli specialisti del settore e quali competenze si potrebbero aggiungere a quelle già necessarie?
Occorre fare delle scelte di campo: bisogna ridefinire la struttura delle agenzie generali perché oggi la figura del consulente allrounder è sempre meno attuale: ora sono necessarie competenze molto più specialistiche, come quelle di un pianificatore pensionistico/finanziario o di uno specialista LPP. Il settore degli specialisti sarà destinato a svilupparsi ulteriormente, a sostegno della forza di vendita e nell’interesse della nostra clientela.

Le competenze a cui mi riferisco non sono necessarie per la vendita del prodotto di massa, che può essere direttamente acquistato via internet o per il tramite di canali alternativi, ma se l’obiettivo è più ambizioso ci si rivolge gioco forza ad un esperto. Ed è qui che entra in gioco l’aspetto della multicanalità e dei diversi strumenti per interagire con i clienti. Stiamo vivendo una fase di transizione in cui coesistono clienti iperdigitalizzati e clienti tradizionali, abituati all’incontro personale, alla documentazione cartacea; la nostra abilità sta nel saper gestire questa evoluzione e transizione da un modello tradizionale ad uno digitale, senza perdere di vista eventuali ulteriori sviluppi futuri. Lo stesso discorso può evidentemente valere per i nostri collaboratori.

Il coronavirus ha impresso un forte impulso alla digitalizzazione per quanto riguarda domanda e offerta. A tal riguardo qual è la reazione della clientela a questo nuovo trend che si sta imponendo? 
Senza dubbio il coronavirus ha accelerato un processo di cui tutti già parlavano, ma che ancora non era stato implementato sistematicamente. Se all’inizio quella della digitalizzazione era un’opzione, oggi è diventata una scelta obbligata che ci ha indotto a reagire in tempi estremamente brevi. 

« La firma digitale è stata introdotta in un momento in cui si sono sospese le visite personali alla clientela. »

Personalmente sono un poco scettico nei confronti della digitalizzazione che ha senz’altro dei risvolti positivi ma comporta anche una certa standardizzazione di processi ed approccio al mercato, che non può e non deve snaturare l’aspetto relazionale con il cliente con il quale occorre «prendere le misure». La vera sfida sarà quella di far coesistere al meglio tradizione e innovazione, digitalizzazione e rapporto personale, interagendo con i clienti secondo tempi e modalità differenti e su più livelli a seconda delle esigenze.

A proposito di digitalizzazione: Zurich è stata la prima società di assicurazioni della Svizzera a consentire la stipulazione digitale delle assicurazioni sulla vita, tramite l’introduzione della verifica digitale dell’identità. Qual è stata la risposta della clientela, considerando che, stando ai risultati provvisori, la proposta di legge federale sui servizi d’identificazione elettronica è stata respinta? 
È stato un passo importante, reso necessario per far fronte a un’esigenza del momento. Nella pratica non so se abbia avuto un impatto determinante. La firma digitale è stata introdotta in un momento in cui si sono sospese le visite personali alla clientela: l’empatia e il contatto diretto con il cliente giocano in questo ambito un ruolo ancora fondamentale. È probabile che in futuro questa tendenza cambierà e questi aspetti “tecnologici e digitali” permetteranno di razionalizzare meglio la gestione del tempo e di avere un impatto meno importante sull’ambiente. In questo vedo nella digitalizzazione un elemento molto positivo. 

Prevede un sostanziale recupero del mercato se si dovesse riuscire a contenere la pandemia in modo duraturo? 
Non so se ci sarà un vero e proprio recupero; è più probabile che ci confronteremo con una nuova partenza. Da un lato la crisi lascerà delle profonde ferite: fallimenti e licenziamenti non sono da escludere a breve. D’altro canto però dalle ceneri nascono piante nuove, il che significa saper capire i nuovi trend in base ai quali orientare il business. In ogni caso sarà necessario razionalizzare processi e tempi di lavoro in modo da poter concentrare le risorse sullo sviluppo di consulenze di private ed aziendali complesse, come per esempio quelle della generazione dei babyboomer, ormai prossimi al pensionamento. È dunque fondamentale prepararsi a una ripartenza su vari fronti. 

« La maggior parte dei membri vive, come tutti, un periodo particolarmente difficil. »

La sezione ticinese della Federazione Svizzera degli Agenti Generali aveva creato circa un anno fa un gruppo di lavoro impegnato nell’analisi e nell’interpretazione dei cambiamenti: ad oggi quali risultati concreti sono stati raggiunti? 
Circa un anno fa abbiamo creato un gruppo di lavoro per osservare i megatrend. Ad oggi non disponiamo di risultati concreti, non solo a causa della pandemia ma anche perché si tratta in realtà di un work in progress: monitoriamo i cambiamenti per capire dove intervenire e in che misura, anticipando i tempi.

Qual è lo stato d’animo degli agenti generali all’interno della FSAGA e che tipo di sostengo questa offre ai suoi associati? 
La maggior parte dei membri vive, come tutti, un periodo particolarmente difficile; nel complesso ci si rende conto che per altri settori le conseguenze della pandemia sono state senz’altro peggiori. Al momento, la condivisione e il dialogo rivestono all’interno della FSAGA un ruolo molto importante e direi quasi «psicoterapeutico». Come comitato ci siamo ad esempio assunti il compito di informare gli associati in merito alle modalità del lavoro ridotto e monitoriamo alcuni cambiamenti intervenuti per esempio in ambito fiscale e che coinvolgono i nostri collaboratori. L’introduzione del salario minimo entrato in vigore in Ticino lo scorso 1° dicembre ha sollevato non poche questioni che la Federazione cerca di chiarire prendendo contatto con le autorità cantonali.

La situazione generale ha comportato una riduzione del numero di associati?  
Il numero è diminuito soprattutto perché l’attività si sta concentrando in strutture più grandi. In Ticino si contavano in passato oltre 50 agenzie generali che si sono ridotte a circa la metà, in rappresentanza di una decina di Compagnie d’assicurazioni. Molte di queste ultime sono scomparse o sono state acquisite da altre Compagnie, con anche una tendenza a raggruppare le agenzie in strutture più grandi, razionalizzando le risorse disponibili ed investendo maggiormente a favore della clientela in termini di migliori servizi e competenze.