Per questo successo sono fondamentali il sostegno delle persone a loro vicine, l’impegno dei datori di lavoro e le misure di supporto della Suva. A farsi male ci vuole poco. Uno sguardo al cellulare, un momento di distrazione, un pensiero altrove: a volte anche solo una frazione di secondo può stravolgere completamente la vita di una persona. In seguito, per riconquistare la vita e ritornare nel mondo professionale ci possono volere settimane, mesi o anni.
Alcuni studi dimostrano che dopo sei mesi di incapacità al lavoro la probabilità di tornare alla propria professione si riduce della metà. Per questo è importante che le persone infortunate tornino al lavoro il più presto possibile.
Un sostegno efficace per tornare al lavoro
Lo scorso anno la Suva ha registrato oltre 495'000 infortuni sul lavoro e nel tempo libero. Circa 28'000 di questi – il 6 per cento – erano così gravi da comportare un’assenza dal lavoro di tre mesi o più.
La Suva si impegna con diverse misure per aiutare le persone infortunate a reinserirsi nella vita quotidiana e professionale. Le persone infortunate che hanno subito gravi lesioni e devono far fronte a una lunga assenza dal lavoro e a un futuro professionale incerto possono contare sul supporto globale dei case manager della Suva, che accompagnano le persone colpite durante l’intero processo di guarigione: nel ricovero riabilitativo, nelle prestazioni mediche e terapie, nelle misure per il reinserimento nonché nel coordinamento della collaborazione con i medici, i datori di lavoro e altre assicurazioni sociali. «Garantire alle persone infortunate una prospettiva professionale è strumentale al successo della riabilitazione e ci sta molto a cuore» afferma Barbara Ingold Boner, capodivisione Trattamento dei casi alla Suva.
Il contesto familiare favorisce il processo di guarigione
Un infortunio segna spesso l’inizio di un periodo difficile per le persone che lo subiscono. È quindi estremamente importante che la persona infortunata possa contare sul pieno sostegno di tutti coloro che la circondano. «Per un ritorno alla vita quotidiana e professionale serve non solo l’impegno della Suva, dei medici e dei terapeuti, ma anche il sostegno del contesto personale e professionale» spiega Barbara Ingold Boner. «La famiglia, gli amici, il datore di lavoro e i colleghi possono dare un notevole contributo al processo di guarigione. Piccoli gesti e dialoghi positivi infondono forza e speranza e sostengono la guarigione».
Anche i datori di lavoro possono influire in modo significativo sul successo di un reinserimento dopo un infortunio. Un posto di lavoro sicuro infonde nei collaboratori infortunati fiducia nel futuro. «È importante che le persone infortunate mantengano i contatti con il loro contesto sociale, che continuino a sentirsi utili e che possano organizzare in modo strutturato le proprie giornate» sottolinea Vinzenz Baur, responsabile del Centro di competenza per l’inserimento professionale della clinica della Suva a Bellikon. «La nostra esperienza mostra che chi ha subito un infortunio vuole tornare a lavorare. Il lavoro, infatti, non trasmette solo sicurezza materiale, ma promuove anche la coesione sociale ed è motivante».
Un vantaggio per tutti, anche in termini finanziari
Grazie all’efficace collaborazione, negli ultimi anni abbiamo aiutato in media il 90 per cento degli infortunati a riprendere a lavorare. Il tasso di reinserimento si colloca quindi a un livello elevato. È un vantaggio per tutti: le persone colpite ritrovano una certa qualità di vita e la sicurezza finanziaria, le aziende mantengono il loro importante personale specializzato e risparmiano sui premi assicurativi, e la Suva paga meno indennità giornaliere e rendite, a vantaggio di tutti gli assicurati sotto forma di riduzione dei premi.
Il racconto di un infortunato: il bobbista Sandro Michel
Sandro Michel (29) era un professionista del bob. In seguito a un grave incidente durante l’allenamento in un canale di ghiaccio, le cose si sono messe male per il giovane. Ma un team di medici motivati è riuscito a evitare il peggio e a salvare la gamba gravemente ferita. Nel frattempo Sandro è tornato al lavoro, ma non è ancora pronto per il bob. Il fatto che lo sportivo e responsabile di progetto abbia sempre potuto contare sui suoi familiari, sul suo datore di lavoro e sulla Suva è stato fondamentale per tornare a una vita normale, sia in ambito privato che professionale. «Sono incredibilmente grato per il sostegno ricevuto dai miei familiari, amici e colleghi. Senza di loro oggi non sarei arrivato molto lontano» afferma convinto Sandro.
L’intera storia di Sandro e alcuni consigli utili su come familiari e datori di lavoro possono aiutare efficacemente le persone infortunate a tornare alla loro quotidianità e alla vita lavorativa sono oggetto dell’attuale campagna della Suva per il reinserimento «Esserci aiuta. Non importa come». La campagna prosegue fino alla fine di settembre su diversi canali (TV, online, social media, carta stampata). (Suva/hzi/ps)